domenica 18 settembre 2011

Dai Castelli al baluardo cittadino

(da Le 100 Citta' d'Italia 1920 circa)

L'Imperatore Federico II, nelle sue diuturne lotte col papato, dovette aver campo di accorgersi della poca opportunità di un simile stato di cose; novanta­nove castelli potevano, non ostante la loro posizione quasi sempre invidiabile, essere conquistati facilmente ad uno ad uno. Se al contrario tutti fossero stati riu­niti in un unico fascio di forze, formando una città baluardo in un punto strategico, l'impresa si sarebbe presentata molto più difficile. Inoltre questa zona era ai confini del regno, e ne costituiva la chiave per un esercito che muovesse dal settentrione o dallo Stato della Chiesa. La storia dei secoli successivi conferma pienamente questo  ragionamento.
Per tanto, e forse anche per togliere di mezzo de­finitivamente alcune antichissime pretese del Papa sui contadi Amiternino e Forconense, Federico II sta­bilì di sopprimere i numerosi castelli dei contadi ed i nomi di Amiterno e Forcona, e di fondare una nuova città, che dovesse costituire la rocca forte del regno verso il confine pontificio. La collina che divide in due l'al­tipiano Aquilano e Io domina in ogni senso fu dall'Imperatore scelta come sede del nuovo centro'. Su di essa, in posizione tale da dominare il passaggio lungo il fiume nella strettissima valle sottostante, esiste­va già il castello di Aquila o Ac­quili : per questo o per altro motivo (v. appresso) alla nuova città fu dato il   nome di  Aquila.
Esistono ancor oggi tre copie di un diploma con cui Federico II ne ordina la fonda­zione. Le copie sono però « sine die et consule» e risultano chiaramente posteriori all'epoca degli Svevi. Federico li morì prima di attuare il suo piano; questo fu  compiuto dal  suo  successore  Corrado  IV.
Su di un colle che domina il Tevere, al confine dei Latini e dei Sabini, sorse una città, che, fondendo in sé   i   germi   delle  due  stirpi   diverse,   era  destinata   a fare  dell'antico mondo una unica pàtria,  unica nella Valva  era Sulmona citta’ dei Peligni vicino a Corfinium e civilta’,nel diritto,nella lingua e ad imprimere su cose e uomini quel suggello  imperiale ed augusto di la tinità che ancor oggi non è completamente cancellato. Non nata a sì grandi destini, l'Aquila sorse per le stesse condizioni sociali e naturali ripetutesi nel tem­po : su di un colle dominante un fiume, a confine di due popoli, già sabino  uno e già umbro-sabellico l'altro, riunendo in sé i germi di ambedue. La gran­dezza dell'una ed il suo superbo destino non sono forse disadatti a spiegare, tenuto conto di condizioni storiche e di civiltà diverse e di tempre umane dis­simili, come la fortezza del Cesare germanico, do­vesse divenire in breve tempo nell'epoca gloriosa e grandiosa della Rinascenza, dopo Napoli, la più bella e la più fiorente città del Reame.

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