(da Le 100 Citta' d'Italia 1920 circa)
L'Imperatore Federico II, nelle sue diuturne lotte col papato, dovette aver campo di accorgersi della poca opportunità di un simile stato di cose; novantanove castelli potevano, non ostante la loro posizione quasi sempre invidiabile, essere conquistati facilmente ad uno ad uno. Se al contrario tutti fossero stati riuniti in un unico fascio di forze, formando una città baluardo in un punto strategico, l'impresa si sarebbe presentata molto più difficile. Inoltre questa zona era ai confini del regno, e ne costituiva la chiave per un esercito che muovesse dal settentrione o dallo Stato della Chiesa. La storia dei secoli successivi conferma pienamente questo ragionamento.
Per tanto, e forse anche per togliere di mezzo definitivamente alcune antichissime pretese del Papa sui contadi Amiternino e Forconense, Federico II stabilì di sopprimere i numerosi castelli dei contadi ed i nomi di Amiterno e Forcona, e di fondare una nuova città, che dovesse costituire la rocca forte del regno verso il confine pontificio. La collina che divide in due l'altipiano Aquilano e Io domina in ogni senso fu dall'Imperatore scelta come sede del nuovo centro'. Su di essa, in posizione tale da dominare il passaggio lungo il fiume nella strettissima valle sottostante, esisteva già il castello di Aquila o Acquili : per questo o per altro motivo (v. appresso) alla nuova città fu dato il nome di Aquila.
Esistono ancor oggi tre copie di un diploma con cui Federico II ne ordina la fondazione. Le copie sono però « sine die et consule» e risultano chiaramente posteriori all'epoca degli Svevi. Federico li morì prima di attuare il suo piano; questo fu compiuto dal suo successore Corrado IV.
Su di un colle che domina il Tevere, al confine dei Latini e dei Sabini, sorse una città, che, fondendo in sé i germi delle due stirpi diverse, era destinata a fare dell'antico mondo una unica pàtria, unica nella Valva era Sulmona citta’ dei Peligni vicino a Corfinium e civilta’,nel diritto,nella lingua e ad imprimere su cose e uomini quel suggello imperiale ed augusto di la tinità che ancor oggi non è completamente cancellato. Non nata a sì grandi destini, l'Aquila sorse per le stesse condizioni sociali e naturali ripetutesi nel tempo : su di un colle dominante un fiume, a confine di due popoli, già sabino uno e già umbro-sabellico l'altro, riunendo in sé i germi di ambedue. La grandezza dell'una ed il suo superbo destino non sono forse disadatti a spiegare, tenuto conto di condizioni storiche e di civiltà diverse e di tempre umane dissimili, come la fortezza del Cesare germanico, dovesse divenire in breve tempo nell'epoca gloriosa e grandiosa della Rinascenza, dopo Napoli, la più bella e la più fiorente città del Reame.
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