( da Le 100 Citta’ d’Italia 1920 circa)
Per tanto l'Aquila sorse in guisa del tutto singolare. Gli abitanti di questi castelli, siano essi novantanove o poco meno, si trasferirono in tutto o in parte entra le nuove mura, tracciate a disegno di aquila con ali appena aperte, come a dispiegare un volo, capaci di contenere la popolazione numerosa di una metropoli. Agli abitanti di ciascun castello fu assegnato un rione o locale, ed in breve ogni rione ebbe una piazza e su ogni piazza sorse, per opera di quegli stessi meravigliosi artefici che crearono un manto candido di nuove costruzioni a tutta l'Italia, la chiesa e la fontana; nella chiesa, intitolata al protettore stesse del loro paese, gli abitanti trasportarono tutte le loro sacre memorie e reliquie, onde l'unità nuova voluta da Federico II ne risultò ben salda, fondata sulla passione, sull'amore, sulla religiosità di tutte quelle popolazioni.
La città era divisa in quattro quartieri e ciascun quartiere in media in una ventina di rioni (e probabilmente in altrettante parrocchie). Questa formazione e questa struttura appariva molto singolare anche agli occhi dei contemporanei (Cfr. Muratori, Rerum Italie; Parte I, Tomo 3). Per questa parte della storia dell'Aquila si dà gran peso al diploma di Federico II. Ma diversi studiosi, e fra questi alcuni autorevoli, dubitano della autenticità di esso, sicché tutto il periodo della fondazione della città e quello successivo ne restano scossi.
In pochi anni di vita la città acquistò notevole importanza; nel 1257 il Papa Alessandro IV trasferì all'Aquila il vescovo di Forcona, ordinando che questi da allora in poi si intitolasse vescovo dell'Aquila.
Non eran trascorsi molti anni dalla fondazione e le costruzioni non erano ancora al fine, quando la prima grande sventura si abbattè su la giovanissima città : Re Manfredi, adirato contro gli Aquilani che nella letta del tempo pendevano dalla parte del Papa, piombò sulla città e le diede il guasto risparmiando tuttavia la vita ai cittadini. L'Aquila, per necessità di cose e per tenacia dei suoi recenti fondatori, ebbe la forza di risorgere dalle rovine.
Spenta la dinastia sveva con l'ultimo inutile sacrificio di Corradino, gli Angioini ebbero il campo nel mezzogiorno d'Italia : la loro sovranità quindi s'estese alla città dell'Aquila.
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